Simone Mosca – LA REPUBBLICA ONLINE. 13/05/2021.

Pubblica solo inediti di grandi autori, da Kipling a Ocampo. Si riconosce per la veste curatissima dei suoi volumi. Non insegue i bestseller, ma silenziosamente si è conquistata una discreta fetta di appassionati. E ora porta sugli scaffali per la prima volta in Italia il capolavoro di Lucien Rebatet amato da Truffaut e Mitterand

Anzitutto nel 1984 pubblicò C’eravamo tanto a(r)mati, antologia da 25 storie in cui insieme facevano i conti coi propri anni ’70, deponendo infine i vessilli che li avevano divisi e Settecolori, piccola storia di un successo editoriale tra Milano e Vibo Valentia lasciandosi alle spalle il fardello del piombo, tra gli altri Massimo Cacciari, Francesco Guccini, Giampiero Mughini, Massimo Fini, Giordano Bruno Guerri, Gianni Rivera. E a breve, a giugno, darà alla stampe I due stendardi, monumentale romanzo del ’51 firmato dal controverso giornalista e scrittore Lucien Rebatet, 1400 pagine uscite nel ’52 per Gallimard ma mai tradotte all’estero e nonostante ciò un libro incluso dai suoi pochi ma illustri lettori tra i capolavori (segreti) del Novecento.
Davvero niente male per una casa editrice che in pochi ricordano e che, mentre si rilancia, in pochi ancora conoscono. “La logica è proprio sfuggire il gusto di massa e seguire la qualità del catalogo, perché alla fine un editore non è che questo, il catalogo” risponde senza ombra di smania per i best seller Manuel Grillo, guida della Settecolori, marchio ereditato dal padre Pino. Grillo senior, morto nel 2000 alla soglia dei 50 anni, decise giovanissimo di “condannarsi” all’editoria nella natale Vibo Valentia, iniziando ad annusare la carta giusta già nel 1978.
Imprenditore, raccontano vivesse in spola tra la sua Calabria, Roma e Milano dove arrivava con la macchina carica dei libri che consegnava da sé. Con scrupoloso mestiere accompagnava e ritirava i titoli in tipografia, e per tutta la vita ha stretto amicizie profonde ovunque abbia alla fine scaricato il bagagliaio della vettura. Fosse con intellettuali di mestiere o con professionisti che da lettori appassionati si riunivano a discutere con Pino delle scelte editoriali.
Studi in neuro scienze a Strasburgo, proprietario a Tropea di un agriturismo e di alcune terre dove coltiva grani antichi, Manuel ha tenuto viva per passione la Settecolori tra alti e bassi per vent’anni. Fino a quando il 13 maggio del 2020, il disgraziato anno scorso, aMilano quasi venti soci si sono riuniti dal notaio decidendo di investire nel marchio dei Grillo. All’apparenza un gesto incosciente consumato nel pieno dell’emergenza pandemica, nella sostanza una geniale follia che sta dando bei frutti. Non tanto per gli ottimi risultati del mercato editoriale in generale ma per il gusto mostrato fin qui. A partire anzitutto dalla scelta dei titoli. Con la direzione di Stenio Solinas, la Settecolori si è data come obbiettivo strabilianti repêchage con particolare attenzione per le storie e le suggestioni di viaggio.
Sono arrivati così 338171 T.E. saggio del 4′ 2 mai uscito in Italia dedicato dall’argentina Victoria Ocampo a Lawrence d’Arabia, cioè a Thomas Edward Lawrence, leggendario ufficiale e spia il cui numero nella Raf era 338171. Oppure Sulle tracce di Kim. Il Grande Gioco nell’India di Kipling di Peter Hopkirk, giornalista e storico inglese gran narratore dell’Asia e appunto, nel,’96, dell’India di Kipling che mai era arrivata in Italia. Stessa zona del pianeta esplora Baionette a Lhasa in cui Peter Fleming, fratello dello Ian inventore di James Bond e oltremanica fu travel writer famoso quanto 007, ripercorre il maldestro tentativo britannico di invadere il Tibet nei primi del Novecento.
Infine fa storia a sé I due stendardi, opera che Lucien Rebatet scrisse in carcere condannato a morte nel dopoguerra, accusato di fascismo e collaborazionismo. Liberato e tornato a fare il critico e giornalista, la fama di geniale ma maledetto antisemita di destra non lo abbandonò mai e di certo per questo la sua opera pur paragonata al miglior Céline e persino a Proust, rimase sepolta in Francia nel catalogo Gallimard. Eppure il tomo, che nelle vite di tre giovani indaga fede e ragione, le pulsioni trascendenti e quelle immanenti del cuore, fu libro d’elezione per François Truffaut che ne trasse ispirazione per molto cinema e che ne fece, si dice, dono ogni volta che riteneva di aver trovato un buon amico. O di François Mitterrand, che era solito dividere il mondo tra “chi ha letto I due stendardi e chi no”.
Nel rilancio della Settecolori gioca un ruolo fondamentale il progetto grafico messo a punto da Gianluca Seta con copertine essenziali, dai colori un vagamente Adelphi, e dove brilla l’invenzione di una cornice nera, tanto più spessa quante più sono le pagine. È così che la cornice della Ocampo corre sottile su fondo azzurro mentre quella del Rebatet (presentato in due volumi da 700 pagine ciascuno) si mangia alla fine ogni colore. Nel suo studio di via Gesù l’avvocato Angelo Cassanelli prova a spiegare la nuova anima milanese della Settecolori. “Siamo un gruppo di amici che da una vita parla di libri, ognuno dal suo punto di vista. Non si litiga mai, le discussioni sono abbondantemente innaffiate. C’è un professore monarchico, un apicultore pugliese, c’è il radical chic, il filosovietico, c’è la sinistra e la destra. C’è un banchiere che vive a Portofino, c’è un professore della Bocconi che è entrato all’1% e adesso sta traducendo l’Erodiade di Flaubert che sarà la nostra strenna natalizia. Abbiamo deciso di buttarci potendocelo permettere ma lasciando che Manuel tenesse le redini. Perché per fare libri bisogna essere un editore”. La sede legale si trova a Milano, in piazza Mentana, dove soci, editore e direttore si riuniscono ma solo di tanto in tanto. Una redazione vera e propria non c’è. “Ogni libro è affidato a chi è competente in materia”. Una decina di titoli all’anno, uscite fino almeno al 2023. “L’obbiettivo? Andare avanti finché si riesce a fare questi libri avventurosi, torbati come le vecchie avventure, come il whisky della miglior solitudine”.