Settecolori pubblica «Alfabeto di un viaggiatore» del medievista che è stato testimone di momenti decisivi del Novecento

 

Un viaggiatore mette in ordine alfabetico le memorie del suo girovagare ed ecco – nel disordine delle immagini che più colpiscono il lettore – una nidiata di gattine appena nate sul Monte Athos dove non è ammessa la presenza femminile. C’è un bacile colmo d’acqua pronto per soffocare le micine ma per i monaci anziani chiamati a sentenziare e si apre una questione teologica, presto risolta: a deciderne l’esistenza è stata la Madre di Dio. Il viaggiatore è Steven Runciman e il suo viaggio è A traveller’s alphabet, oggi tradotto in italiano da Aridea Fezzi Price per le scicchissime Edizioni Settecolori, ed ecco dunque Alfabeto del Viaggiatore, Memorie, dove tra i tanti luoghi del mondo toccate si staglia – magnifica – Damasco, la perla delle città che si raggiunge dopo aver attraversato l’Eufrate e il deserto. Città che il Profeta – Pace e Benedizione su di Lui – si rifiutava di visitare, perché «nessuno aveva diritto ad andare in paradiso prima di morire».
Runciman è stato molto più che un grande medievista e bizantinista di fama mondiale. Lamentava di parlare poco spagnolo e tedesco ma, padrone di molte lingue – dal greco, imparato a soli sette anni, al latino al russo, al turco – si destreggiava anche negli idiomi del continente asiatico.

Nato nel 1903, figlio dei visconti Runciman – la madre è un’attivista, poi membro della Camera dei Comuni – il padre è un diplomatico, politico liberale, poi ministro di Winston Churchill, nella sua lunga vita Steven è stato un instancabile giramondo alla cerca dei posti più lontani dal turismo di massa – luoghi che un gentleman come lui disprezzava – muovendosi sempre con i mezzi più disparati, servendosi di una fittissima quanto altolocata rete di amicizie e conoscenze nei consolati, ambasciate, università di mezzo mondo. Studente a Eton, laurea a Cambridge non ancora ventunenne, una passione per la storia bizantina cui dedicò studi e produzione letteraria, Runciman riesce ad arrivare ovunque sia possibile visitare tesori, antichi reperti archeologici, mosaici bizantini. A suo agio, infatti, tra palazzi reali, come tra le dimore di legno – gli jali, caratteristiche strutture che si affacciano sulla riva asiatica del Bosforo – riporta nelle sue pagine la eco di un’esistenza speciale sullo sfondo di lussuosi alberghi frequentati dal jet set internazionale o di motel di dubbia moralità. Nulla lo ferma. Neppure le varie malattie che durante i suoi spostamenti lo colpiscono: il suo viaggiare è una pratica di letteratura in punto di geografia esistenziale.

DAI MONASTERI ALLA MONDANITÀ

Ecco i monasteri copti sul Mar rosso, ed ecco il Bahrein che Runciman preferisce chiamare con l’antico nome babilonese, Dilmun, creduto, per la sua rigogliosa fertilità, il Giardino dell’Eden. Ed ecco poi l’Orient-Express che lo porta per la prima volta a Istanbul. Il suo alloggio è al Pera Palace Hotel, accolto dall’ambasciatore britannico che lo invita sul suo yacht a costeggiare il Bosforo. Istanbul è il magnete irresistibile dove Runciman resterà oltre tre anni come professore di storia bizantina in lingua inglese. Lì conoscerà i Dervisci Rotanti la cui guida discende da Jalal ad-Din ar-Rumi, il sublime mistico, il Dante Alighieri dei musulmani. Lungo è l’elenco delle personalità conosciute durante i molti soggiorni che farà nell’antica Bisanzio: da Ataturk incontrato alla fine degli anni Venti, che descrive come un uomo malato, dai modi molto cordiali, il cui colore azzurro acciaio degli occhi, era indimenticabile, all’ambasciatore tedesco in Turchia, von Papen poi assolto nel processo di Norimberga. Non ultimo, tra le personalità di stanza a Istanbul, Monsignor Roncalli – il futuro Papa Giovanni XXIII costretto a stare in giacca e cravatta dalle leggi laiciste di Ataturk – nel 1945 legato pontificio nella Seconda Roma. La città è appunto un crogiolo di etnie e di fedi religiose, Runciman è amico del Patriarca Atenagora, trascorre del tempo nella Sokollu Mehmet Pasha, la moschea che reputa la più bella. Altri luoghi memorabili, ma decisamente più mondani, sono la Los Angeles in cui è invitato da George Cukor che lo vuole consulente per un film che non si farà, ma della cui gentile ospitalità può godere nella magnifica villa del famoso regista a Beverly Hills, ricca di libri e dipinti impressionisti. La sua vicina di casa è Katherine Hepburn, di cui è ospite a cena insieme a Spencer Tracey, non sempre sobrio. A cena da Cukor, una sera, si trova accanto a Laurence Oliver e Sophia Loren. Runciman è testimone oculare di momenti salienti della storia del Novecento: è in Cina, nella città di Tientsin, nel 1925, quando viene assediata dai soldati del generale cristiano Fung Hu Hsen e difesa dal signore della guerra mancese Chang Tso Lin; è in Grecia quando le truppe germaniche la occupano; si trova su un treno che attraversa il Tirolo e si ferma nella stazione di Innsbruck, presidiata da uomini in uniforme: le truppe di Adolf Hitler sono entrate in Austria quella mattina. A Baghdad è invitato a tenere un ciclo di conferenze, conosce il professor Max Mallovan, famoso archeologo, impegnato in una seri di scavi a Nimrud in compagnia di sua moglie, Agatha Christie.

È il 1956, due anni dopo la rivoluzione avrebbe portato alla fine della monarchia, il re e tutti i membri della sua famiglia – mitissimi martiri – sarebbero stati fucilati. L’alfabeto si conclude con il capitolo dedicato a Sion dove, nel 1931, prende un tè con la Badessa del monastero russo sul Monte degli Ulivi, si reca in visita dal Patriarca armeno, ha come guida per visitare la santa Cupola della Roccia e la moschea di Al-Aqsa, il gran Mufti che descrive come «un arabo sinistro con la barba rossa, oltremodo affabile». Nell’antica Aelia Capitolina – così chiamata dai romani istituendovi il culto di Giove Ammone – Runciman vi torna nel 1952 quando ormai è solo una città divisa. Si inginocchia sulla Tomba del Santo sepolcro e come già altre volte sente la presenza “quasi fisica” della Fede, fosse pure col ricordo del miagolio, quello delle gattine salvate dai monaci anziati del Monte Athos. «Quando i miei viaggi saranno terminati», annota ancora Runciman in questo suo calepino di memorie, «raggiungerò la Nuova Gerusalemme, la città del nostro Dio».