In un tempo in cui la parola guerra è tornata ad affacciarsi prepotentemente nella nostra quotidianità, appare ancora più urgente e necessario provare a leggere tra le parti e interpretarne le ragioni (anche quelle sbagliate), scandagliando la realtà e le sue contraddizioni con più forza e con più forza riconoscere l’umano nelle sue vette come nei suoi abissi anche là dove lo si era rimosso. Edizioni Settecolori prosegue un lavoro di scandaglio del Novecento (in particolare europeo e ispano-americano) riproponendo testi dimenticati o mai tradotti e autori spesso rimossi dal dibattito pubblico. Un lavoro certosino e raffinato che porta per la prima volta in Italia l’ultimo romanzo di Robert Brasillach, Sei ore da perdere nella bella traduzione di Alessandro Bernardini e corredato da un’introduzione di Roberto Alfatti Appetiti (che contestualizza l’autore nella sua parabola esistenziale) e una preziosa postfazione di Fausta Garavini che ne rileva le qualità letterarie certamente non secondarie nel Novecento francese. Il ro manzo che corre sotto gli occhi del lettore è paragonato ai migliori noir di Georges Simenon, ma rivela una deriva e una forza disperata e disperante che viene da una disillusione atroce e molto diversa da quella offerta dall’autore belga. A differenza infatti dei protagonisti di Simenon o anche del cinema di Marcel Carné, che spesso sono reduci da un’esistenza passata e chiusa che si ripropone improvvisa, il protagonista di Brasillach è un giovane uomo che vive il presente con il peso di un malinconico passato privo di alcun possibile futuro. Siamo nel 1943, Parigi è deserta, la sconfitta nazifascista è percepibile, ma ancora lontana da venire e Robert B., un tenente dell’esercito francese, è stato appena liberato da un campo di prigionia. Robert cerca una donna, l’amante di un suo amico. In un girovagare senza regole e per certi versi senza senso dentro al quale Robert si ritrova coinvolto come in un’indagine che pagina dopo pagina sembra divenire a suo carico. Non esiste speranza e ancor meno salvezza; quello in cui Robert crede è stato spazzato via, un’utopia folle e sbagliata che lascia sul campo un decadimento morale e una corruzione civile: ci si salva per un tozzo di pane, ci si perde per un’idea. Sei ore da perdere è un romanzo attualissimo che coinvolge sia per la sua forza letteraria sia per la sua capacità di vedere lucidamente l’assurda perdita di lucidità di un mondo che seppe accogliere insensatamente la tragedia come forma di quotidiana virtù.